Il caso del generale Roberto Vannacci, oggi eurodeputato della Lega, ha riacceso il dibattito su pensioni, privilegi e regole speciali nel pubblico impiego. A 56 anni compiuti, Vannacci risulta in pensione già da febbraio, con un assegno che – secondo le stime – si aggira attorno ai 5.000 euro netti mensili. A questi si aggiunge ora l’indennità da europarlamentare, circa 8.000 euro netti al mese.
Ma com’è possibile che un militare vada in pensione a un’età così lontana da quella prevista per i comuni lavoratori italiani? La risposta è nelle regole particolari che riguardano il personale delle forze armate – in particolare nei cosiddetti coefficienti maggiorativi per chi ha prestato servizio nei reparti speciali.
Dalla Folgore al Col Moschin: l’arruolamento precoce e i coefficienti premianti
Roberto Vannacci, classe 1968, si è arruolato a soli 17 anni, una possibilità consentita dalle regole militari. Da lì, una lunga carriera nei reparti d’élite: la Brigata Paracadutisti Folgore e il 9º Reggimento d’assalto Col Moschin, considerati tra i corpi più prestigiosi ma anche più impegnativi dell’Esercito italiano.
Chi serve in questi reparti può beneficiare di una normativa speciale che riconosce il carattere usurante del servizio. Nello specifico, per ogni anno effettivo di lavoro svolto nei corpi speciali, vengono accreditati 1,2 anni di contributi. È un meccanismo simile – anche se più generoso – a quello che esiste per altri lavori usuranti nel settore privato o per i servizi svolti in aree di guerra.
In pratica, questo significa che un militare con 30 anni di servizio effettivo in questi corpi può vedersi riconosciuti 36 anni di contributi. Secondo quanto dichiarato pubblicamente, Vannacci avrebbe maturato 44 anni di contributi, una cifra che gli ha consentito l’accesso anticipato alla pensione, senza dover attendere l’età ordinaria (che per gli ufficiali di alto grado è fissata generalmente a 61 anni).
Quanto prende davvero? E cosa prevede la legge
Sul valore effettivo dell’assegno mensile non esiste una conferma ufficiale. Tuttavia, è noto che il trattamento pensionistico per un generale di divisione si aggira attorno ai 5.000 euro netti al mese, una cifra coerente con gli stipendi percepiti nel grado apicale della carriera militare.
A questi si somma lo stipendio da europarlamentare, che ammonta a circa 8.000 euro netti al mese, oltre a rimborsi spese e benefit. In futuro, maturerà anche un vitalizio europeo, calcolato secondo le regole in vigore: il 3,5% dell’indennità per ogni anno di mandato svolto.
È importante chiarire che il pensionamento di Vannacci è perfettamente legale. Non si tratta di un privilegio illegittimo, ma dell’applicazione di una normativa vigente per i militari italiani. Normativa che riconosce la specificità delle Forze Armate, dove l’età pensionabile è legata sia all’età anagrafica sia all’anzianità contributiva, tenendo conto delle maggiorazioni previste dalla legge.
Il contesto più ampio: chi può accedere a pensioni anticipate?
Il caso Vannacci colpisce l’opinione pubblica per la giovane età e l’importo elevato della pensione, ma non è del tutto isolato. Le baby pensioni in Italia non esistono più da decenni, ma alcune categorie – soprattutto nel pubblico impiego e in settori particolarmente “sensibili” come militari, forze dell’ordine e vigili del fuoco – continuano a godere di canali preferenziali per il ritiro anticipato.
Si tratta di un compromesso costruito negli anni, spesso giustificato da motivi oggettivi: rischi maggiori, maggiore usura fisica e psicologica, obblighi di trasferimento frequenti. Ma resta il fatto che questi meccanismi creano forti disparità rispetto ai lavoratori del settore privato, che devono oggi attendere almeno 67 anni di età o 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne) per accedere alla pensione di vecchiaia o anticipata.
Inoltre, per chi va in pensione prima dei 62 anni – come nel caso di Vannacci – si applicano normalmente penalizzazioni sull’importo. Ma queste non riguardano i militari: per loro l’assegno viene calcolato in base alle ultime retribuzioni e non subisce decurtazioni se la soglia contributiva è stata raggiunta con le maggiorazioni previste dalla legge.
Una questione politica, non solo previdenziale
L’aspetto politico della vicenda ha contribuito a darle risonanza. Vannacci è un personaggio divisivo, divenuto noto per le sue dichiarazioni e per il libro Il Mondo al Contrario, e oggi siede al Parlamento europeo, eletto con la Lega. Ha reagito con fastidio alle domande sulla sua pensione, ribadendo di aver semplicemente usufruito di quanto previsto dalla normativa vigente.
“Tutto alla luce del sole, ho maturato il diritto”, ha dichiarato. E in effetti è così. Ma la trasparenza normativa non impedisce di porsi delle domande più ampie sul modello di sistema pensionistico che l’Italia continua ad adottare, dove ancora oggi convivono regimi molto diversi a seconda della categoria lavorativa.
Il tema non riguarda solo Vannacci: oltre 500.000 italiani ricevono pensioni da ex appartenenti alle forze armate e di polizia, molte delle quali maturate in età ben più precoce rispetto alla media nazionale. La spesa complessiva per queste pensioni ammonta a circa 15 miliardi di euro l’anno, secondo dati INPS e MEF.
Conclusione
Il pensionamento a 56 anni del generale Vannacci è la naturale conseguenza di una normativa che premia alcune categorie – spesso con buone ragioni – ma che solleva anche interrogativi su equità e sostenibilità del sistema. Se il suo caso è perfettamente legale, non è detto che sia giusto in senso più ampio.
Il dibattito non riguarda solo l’ex ufficiale diventato europarlamentare, ma il futuro del sistema previdenziale italiano: tra deroghe, eccezioni e privilegi, la domanda di fondo resta la stessa. Fino a quando il Paese potrà permettersi di far convivere trattamenti tanto diseguali?







